giovedì 23 agosto 2007

...PEGAH...

La deportazione di Pegah è prorogata al 28 agosto. Se Pegah Emambakhsh verrà
espulsa dalla Gran Bretagna e messa su un aereo per l'Iran rischia la
lapidazione perché lesbica. Non dimentichiamoci che Yasmin K. è nella stessa
situazione a Berlino.
Per sottoscrivere l¹appello del Gruppo EveryOne per salvare Pegah
Emambakhsh, inviare una mail con nome, cognome e nazione a
savepegah@gmail.com e con oggetto ³Save Pegah²


La vicenda di Pegah Emambakhsh è l'ennesimo caso di violazione dei diritti
umani da parte dei nostri governi. Il Gruppo EveryOne, gli attivisti e i
politici che hanno aderito all'appello per la sua vita hanno ottenuto una
proroga della deportazione al 28 agosto. Ma non illudiamoci, perché il
governo sta solo aspettando che l'opinione pubblica si concentri su altri
eventi per costringere Pegah a salire sull'aereo della morte. Deportazioni
come quella riservata a Pegah si sono già verificate, anche in tempi
recenti, nel Regno Unito e negli altri paesi che si definiscono
"democratici". Se abbandoneremo Pegah, rinunceremo alla nostra umanità e
saranno "loro" a vincere.

Il caso di Pegah Emambakhsh dimostra come i fondamentali diritti umani siano
ancora oggi calpestati non solo nei regimi totalitari, ma anche nei paesi
che si ritengono civili. Le leggi della repubblica islamica dell'Iran
prevedono la tortura e la pena di morte tramite lapidazione per le lesbiche,
l'impiccagione per gli omosessuali maschi. Sono forme di persecuzione
disumane e non a caso, in quanto a diritti umani, l'Iran è paragonato alla
Germania di Hitler. I paesi democratici ritengono di essere migliori e di
considerare la vita umana il massimo bene e per questo hanno accettato e
sottoscritto la Convenzione Europea sui Diritti Umani in cui è stabilito che
nessuno debba essere deportato qualora la sua vita sia in pericolo e che,
dunque, deportare una persona omosessuale che chiede asilo è una grave
infrazione del patto sottoscritto dai paesi democratici europei. E' un
ideale che tutti condividono, finché si trova scritto sulla carta. Quando
però si presentano casi reali, ecco che i governi cercano ogni pretesto per
deportare i rifugiati omosessuali nei loro paesi di origine, negando il
diritto legittimo di asilo e di fatto assassinandoli.

E non ci riferiamo al lontano passato: nel 2005 il governo giapponese negò
il diritto di asilo a un rifugiato fuggito dall'Iran, dove era condannato a
morte. Lo stesso anno la civilissima Svezia negò l'asilo a un altro gay
iraniano. L'Olanda ha smesso di deportare gli omosessuali iraniani in
patria, verso la morte, solo nel 2006. Ma è una decisione "temporanea". Il
Regno Unito, grazie alla complicità dei media, nasconde una realtà tragica,
caratterizzata da una politica diretta a rifiutare asilo ai gay che fuggono
da paesi in cui sono perseguitati. Alcuni gay in attesa di deportazione dal
Regno Unito verso l'Iran hanno preferito suicidarsi piuttosto che salire
sugli aerei della morte. Per facilitare il compito ai governi insensibili ai
diritti umani, i giudici iraniani non condannano gli omosessuali solo per la
loro inclinazione, ma aggiungono altri reati, che facilitano le espulsioni:
corruzione di minore, violenza, cospirazione ecc.

Nel Regno Unito e in Germania spesso si chiede agli omosessuali di provare
la loro inclinazione. E' un altro vergognoso prestesto per deportarli,
perché i rifugiati dovrebbero mostrare ai loro inquisitori, per fornire una
prova, la pratica di atti sessuali o documenti videofotografici comprovanti
tali atti, visto che non esistono altre possibili prove, al di là della loro
parola. Grazie all'appello del Gruppo EveryOne, cui hanno aderito migliaia
di persone - fra cui politici, intellettuali, attivisti, persone comuni e
tanti giovani disgustati dall'orrore del pregiudizio che rende barbari anche
i paesi che si vantano di essere civili - il magistrato ha prorogato la
deportazione di Pegah dal 23 al 28 agosto.

Il governo britannico vuole prendere tempo, perché spera che nel frattempo
l'opinione pubblica sposti la sua attenzione su argomenti futili come la
convocazione di Beckam in nazionale. Noi del Gruppo EveryOne continueremo a
parlare, scrivere, impegnarci perché il diritto alla vita di Pegah e di
tutte le vittime del pregiudizio che fuggono da regimi che li perseguitano
sia rispettato, perché i perseguitati trovino asilo nei paesi in cui tutti
noi viviamo, paghiamo le tasse, votiamo e rispettiamo le leggi. Non
lasciateci soli, non lasciate sola Pegah, non chiudete gli occhi, non
tappatevi le orecchie, non anestetizzate i vostri cuori e le vostre
coscienze. L'indifferenza equivale alla complicità in uno sterminio e se
vogliamo che i nostri governanti cambino, che diventino uomini buoni e
giusti, dobbiamo vigilare sul loro operato e avvertirli con fermezza quando
sbagliano, quando gettano la prima pietra. Non lasciamoci ingannare dai loro
sorrisi, dai bei vestiti, dai discorsi melliflui: anche i carnefici di
Hitler sembravano persone rispettabili. L'orrore e la crudeltà sono molto
abili a mascherarsi: sono puliti, impeccabili, hanno larghi sorrisi e a
volte portano corone sulla testa. Se vogliamo impedirgli di versare sangue,
dobbiamo imparare a guardarli "ai raggi X". Migliaia di persone in tutto il
mondo chiedono che Pegah viva, che i suoi diritti siano rispettati.
Pubblicheremo presto alcuni dei loro nomi, ma li sentiamo tutti vicini a
Pegah, a Yasmine K (la lesbica iraniana che sta per essere deportata da una
Germania che non perde il vizio), a tutti coloro che soffrono e rischiano la
vita a causa del pregiudizio, della disumanità di chi ci governa e della
colpevole ignavia dei media.



Per il Gruppo EveryOne: Roberto Malini e Matteo Pegoraro
Gruppo EveryOne - Info: + 39 334 8429527
roberto.malini@annesdoor.com
matteo.pegoraro@infinito.it

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