domenica 26 agosto 2007

..."IO, GAY AFGANO, VI PREGO NON CACCIATEMI O MORIRO'" ...

In Lombardia caso simile a quello di Londra: bocciata la richiesta di permesso di soggiorno

di FRANCESCA CAFERRI

ROMA - Nel suo paese d´origine rischia la vita perché è omosessuale, come Pegah Emambakhsh. Per questo, per non doversi nascondere e vivere la vita che vuole, ha chiesto di poter restare in Italia. In prima istanza la sua richiesta è stata respinta: se lo stesso accadrà in appello Ahmed - il nome è di fantasia - dovrà lasciare immediatamente il nostro paese e tornare in Afghanistan.
È un caso del tutto simile a quello di Pegah Emambakhsh quello che in queste settimane si sta vivendo in una piccola città della Lombardia di cui, per ragioni di riservatezza, non facciamo il nome. Nella pianura padana Ahmed, 24 anni, abita da otto mesi con il suo compagno, che è italiano. I due si sono conosciuti su Internet e poi si sono incontrati per una vacanza in India: al termine del viaggio hanno deciso di restare insieme e tornare in Italia. Qui Ahmed è entrato con un visto turistico, ma poi ha scelto di rimanere per vivere con il compagno. I due hanno inoltrato una richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari, adducendo come motivo l´omosessualità di Ahmed: in Afghanistan sarebbe punita dal Codice penale con una "lunga pena detentiva" e dalla sharia - che si applica in molte zone - con la morte per lapidazione o impiccagione. La richiesta però è stata respinta dai giudici, che non hanno ritenuto sufficientemente provati i rischi per la vita di Ahmed. La coppia, assistita da un avvocato e dall´associazione GayLib, ha presentato ricorso: se la domanda verrà bocciata la procedura di allontanamento per Ahmed - che è già partita - dovrà essere eseguita immediatamente. È proprio la paura di essere cacciato che spinge Ahmed a parlare per la prima volta pubblicamente della sua storia.
Ahmed, perché vuole restare in Italia?
«Perché voglio vivere con il mio partner. Non avevo mai pensato di venire in Italia prima di incontrare lui, ma ora siamo insieme e vogliamo restarci: questo è l´unico posto per farlo. Non possiamo certo tornare in Afghanistan, ci ucciderebbero e in un altro paese io avrei sempre il problema del permesso di soggiorno».
Perché dice che la ucciderebbero?
«Perché è quello che accade: è un paese islamico e molto tradizionalista. La legge dice che un gay deve essere impiccato. Tutti dicono che l´Afghanistan è diventato un paese democratico: non per i gay».
Come ha vissuto finora in Afghanistan?
«Nascosto. La mia omosessualità è un segreto per tutti. La mia famiglia non lo sa: mio padre è morto e mia madre e mia sorella contano molto sull´aiuto dei parenti. Se loro sapessero che sono gay non le aiuterebbero più. Non ho mai potuto essere quello che sono: a Kabul non ci sono locali per i gay e gli omosessuali si vedono in segreto, fra le paure. Per questo mi sono rivolto a Internet per trovare una persona con cui essere me stesso».
È sicuro di non voler rimanere in Italia per il benessere economico o perché la vita è più sicura qui?
«A Kabul lavoro in un´impresa di costruzioni americana. Non ho problemi di soldi. Amo il mio paese e non voglio abbandonarlo: non chiedo asilo politico perché se lo facessi non potrei più tornare indietro. Se mi concedessero il permesso di soggiorno invece sarei libero di rientrare in Afghanistan e la mia famiglia non saprebbe mai il vero motivo per cui sono qui».
Cosa sanno ora?
«Che sono ospite da amici italiani»
E non sospettano?
«No, non immaginano neanche da lontano. Forse voi italiani non capite quanto possa essere scioccante l´omosessualità in certi paesi: non ci si può neanche pensare».
Ha mai ricevuto minacce perché è gay?
«No, perché nessuno ha mai saputo che sono gay».
È deluso dal "no" alla richiesta di permesso di soggiorno?
«Certo che lo sono. Lo scorso anno c´è stato il caso di un afgano che si è convertito al cristianesimo e per questo rischiava la morte: l´Italia l´ha aiutato. Vorrei solo che si capisse che io rischio di finire come lui: spero che l´Italia aiuti anche me a restare qui e ad essere felice».

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